Carlo Dolci, detto Carlino, artista amato e osannato dai critici del suo tempo, ritenuto il più grande pittore fiorentino del seicento, conteso dalla nobiltà europea, (anche se quasi mai uscito dalle terre toscane), è stato nuovamente sotto i riflettori grazie alla mostra monografica del 2015 presso la fiorentina Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
L’esposizione ha raccolto opere provenienti da numerosissimi musei europei: il British Museum a Londra, il Musée du Louvre a Parigi, gli Staatliche Museen a Berlino, il Nationalmuseum a Stoccolma, il Cleveland Museum of Art a Cleveland, l’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, il Fitzwilliam Museum a Cambridge, l’Ashmolean Museum a Oxford, la Burghley House a Stamford, il Musée des Beaux-Arts a Brest, la Collezione Thyssen Bornemisza a Madrid e la Royal Collection inglese, a testimonianza del respiro internazionale della sua pittura.
La mostra ha raccolto quasi 100 dipinti, di cui una settantina del Dolci e altri a favorire confronti e suggestioni, in una sorta di compendio del suo stile descrittivo, rigoroso e minuziosamente attento ai dettagli, levigato, algido ma sensuale, che è stato definito “iperrealista” ante litteram.
Esemplare la quasi maniacale resa dei dettagli: dalle stoffe soffici e quasi palpabili delle vesti, agli splendidi gioielli, che, citando il biografo Filippo Baldinucci, erano “imitati in modo sì stupendo (e vero), che, per molto che si toccasse e ritoccasse la tela per assicurarsi che essi fosser dipinti l’occhio ne rimaneva in dubbio”.
Interno della mostra “Io Carlo Dolci”, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze
La mostra è stata occasione preziosa per dare il via a una grande campagna di restauri e revisioni su 33 opere del Maestro, importante anche per lo studio della singolare tecnica pittorica utilizzata, che si serviva di espedienti originali per raggiungere l’ambito mimetismo.
Alcune analisi radiografiche hanno poi permesso di aggiungere notizie del tutto inaspettate alla conoscenza di dipinti anche noti del catalogo dolciano, ad esempio le indagini diagnostiche della “Madonna con Bambino” della Galleria Palatina (a cura di Art-Test, pubblicate all’interno del catalogo della mostra), che hanno rivelato modifiche sostanziali alla composizione.