A tavola con Vasari

Set 23, 2024 | Art Word, Patrimonio Culturale

Ad Arezzo in mostra un monumentale capolavoro e tutto quello che serve per tornare indietro nel tempo ed entrare nella mente creativa di uno dei geni del Rinascimento

“Il nostro Giorgio”, scriveva affettuosamente ammirato Cosimo I riferendosi a Giorgio Vasari. Sono arrivate fino a noi alcune lettere che Vasari si scambiò con il duca Cosimo I de’ Medici, suo committente, e con i suoi collaboratori, nelle quali il poliedrico artista aretino esprimeva la propria preoccupazione per il ritmo accelerato dei lavori nel Salone dei Cinquecento. Vasari discuteva apertamente delle difficoltà incontrate nel grande progetto, e rispondeva alle pressioni del duca per rispettare le scadenze.

Però Cosimo I de’ Medici era un committente che non si poteva deludere: era potente e abilissimo ad utilizzare la cultura come uno strumento politico per dare gloria alla sua dinastia, e a Firenze una posizione centrale nel panorama politico del tempo. I due erano fatti l’uno per l’altro.

Cosimo I circondato dai suoi artisti, Jacopo Zucchi, MET New York (non esposto)

Vasari si doveva essere abituato a lavorare a ritmi elevatissimi e con collaboratori di primissimo livello, non solo come pittori ma anche come legnaiuoli, per le costruzioni dei supporti.

Non ci si deve meravigliare quindi che, secondo i documenti, Vasari realizzò in quarantadue giorni, e in cambio dell’esigua somma di centoventotto scudi d’oro, un dipinto di quasi 20 metri quadri, (2,8×7,12 m) con ben 64 figure, che si mantiene ancora tutto sommato in ottime condizioni.

L’opera, Il convito per le nozze di Ester e Assuero, uno dei più grandi lavori su tavola del Cinquecento fu realizzata per il refettorio del Monastero di Santa Flora e Lucilla di Arezzo, su richiesta dell’abate, un amico del pittore, don Giovanni Benedetto da Mantova.

Il convito per le nozze di Ester e Assuero , Vasari, 1548 ora al Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Arezzo

Alcuna cosa fuor dell’uso comune” è il titolo della mostra a cura di Luisa Berretti, che ruota attorno a questo monumentale dipinto. L’esposizione fa parte del programma di “Arezzo. La città di Vasari”, che celebra i 450 anni dalla morte questo artista colto e letterato avanguardista. Del resto si deve a lui la prima moderna storia dell’arte, con le sue “Vite” di grandi artisti.

Il progetto è di Comune di Arezzo, Fondazione CR Firenze, Fondazione Guido d’Arezzo, in collaborazione con Mic Italia, Direzione regionale Museo nazionali Toscana.

La mostra ospitata dal Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Arezzo, è molto intrigante. Vuole fornire l’occasione per conoscere l’ispirazione e la genesi di questo capolavoro. Un tema particolarmente interessante, che ci fa fare un salto nel passato, nella bottega dell’artista ed un po’ anche nella sua mente.

Si tratta di un’occasione unica per poter ammirare, di fronte al più grande dipinto su tavola realizzato da Vasari, alcuni dei disegni preparatori e i documenti che ne attestano l’esecuzione”, spiega la curatrice Luisa Berretti.

Sono esposti i manoscritti che parlano del dipinto, gli schizzi preparatori, e altri che fanno riferimento ad altre composizioni correlate al dipinto, testimoniando la genesi delle scelte figurative dell’artista.

In mostra anche oggetti del tempo in cui visse Vasari e che rispecchiano quelli dipinti, rendendo ancora più reale l’immersione nel passato.

Set di coltelli in acciaio inciso e dorato con impugnatura in madreperla, corno e smalto, che porta sull’astuccio i momogrammi di Diana di Poitiers, amante di Enrico di Valois. Il set è esposto insieme ad altri oggetti d’uso dell’epoca di Vasari

Le tavole di Vasari sono sempre di eccellente fattura (Art-Test ha lavorato su molte opere di questo maestro, tra tutte per straordinaria fattura del supporto, citiamo quelle stupefacenti di Bosco Marengo) e lo stesso si può dire dei disegni preparatori che precedono l’esecuzione della pittura.

Questi si riescono a vedere solo con la riflettografia infrarossa, una tecnica che utilizza rivelatori sensibili in questa regione dello spettro, e che permette di visualizzare quello che aveva tracciato inizialmente l’artista sulla tavola, e che è ora nascosto dalla pittura.

Riflettografie di 3 aree del dipinto in mostra, presenti su uno dei pannelli dell’esposizione

Per questo motivo in mostra la curatrice ha voluto anche le riflettografie realizzate sull’opera, che purtroppo però sono piuttosto datate (risalgono a più di 30 anni fa) e sono state realizzate solo su un numero molto limitato di aree. La curatrice ci confessa che spera di trovare uno sponsor che permetta di estendere questo studio a tutta la superficie dell’opera, utilizzando strumenti moderni e più performanti.

In attesa che qualcuno si faccia avanti, non possiamo che invitarvi ad andare ad Arezzo e sedervi al banchetto di Vasari.

Anna Pelagotti
Anna Pelagotti