Alessandra D’Elia restaura da trent’anni e ci parla di cosa serve al mondo del restauro
Alessandra, come sei diventata restauratrice? Quale è stato il tuo percorso formativo?
Alla fine delle scuole superiori ho assistito per caso all’Università di Lecce ad un ciclo di conferenze sul restauro e sono rimasta affascinata dalla presentazione del libro sul restauro della Cappella Sistina del prof. Alessandro Conti. La passione per il proprio lavoro che il prof. Conti trasmetteva mi ha spinto ad iscrivermi ad un corso di restauro nella succursale leccese di una scuola privata fiorentina. Appena possibile mi sono poi trasferita a Firenze per seguire il corso triennale curato dal prof. Conti, professore e personaggio eccezionale che ha profondamente influenzato la mia formazione e il mio futuro lavorativo.
Considerando che l’obiettivo dei suoi corsi era la formazione di addetti alla manutenzione delle opere d’arte in modo da non dover mai arrivare al restauro, si può comprendere quale visione utopistica del mondo del restauro avesse.
Nei periodi di fermo scolastico sono andata a lavorare nei cantieri di restauro di affreschi dei miei insegnanti. Così ho abbandonato i quadri per iniziare a fare cantieri. Terminato il corso ho approfondito la mia formazione “a bottega” con un lungo periodo di apprendistato gratuito in diversi cantieri. Ho avuto il primo lavoro retribuito grazie all’ingaggio per una grande impresa di Milano sui manufatti lapidei.
Parliamo ora di un tuo lavoro, con Art-Test ci sono state diverse occasioni di collaborazione, quale vuoi ricordare? Per noi è stato sempre piacevole il modo in cui abbiamo potuto instaurare un vero e proprio dialogo tra diagnostica e restauro
Con Art–Test ho partecipato ad una gara a progetto per il restauro del quattrocentesco palazzo Madama a Piacenza, dove abbiamo voluto dare spazio alle indagini diagnostiche utili alla definizione del progetto di restauro di dipinti murali, intonaci antichi e manufatti lapidei. Mi avvalgo della consulenza scientifica di Art-Test in molti dei miei cantieri.
Mi viene da menzionare il prezioso ausilio di Art-Test nel restauro di una statua greca custodita nel museo archeologico di Palazzo Farnese a Piacenza. La statua opera di Kleomenes è interessata da patine biologiche che stiamo cercando di rimuovere con un approccio scientifico innovativo grazie alla consulenza di Art-Test.
Avere la possibilità di fare gruppo di lavoro con diverse professionalità, con le quali c’è un rapporto di reciproca fiducia, è fondamentale per poter affrontare i mille problemi/imprevisti con i quali spesso ci dobbiamo confrontare. Art-Test in questi anni mi ha fornito l’assistenza tecnica necessaria ad affrontare il lavoro con metodo scientifico.
In generale quali sono i problemi che più comunemente si incontrano durante un restauro in cui è più utile la diagnostica? E che vantaggi comporta ad un restauratore affiancare ad un progetto di restauro una campagna diagnostica mirata?
Sarebbe bene e auspicabile poter eseguire sempre indagini diagnostiche preliminari utili alla definizione dei progetti di restauro. Purtroppo lo spazio economico per la diagnostica è sempre molto limitato e normalmente si richiede la consulenza scientifica di laboratorio solo quando ci si ritrova di fronte a problemi imprevisti.
Trovo molto utile caratterizzare tramite le indagini di laboratorio i materiali utilizzati nei precedenti restauri. Fino a qualche anno fa la documentazione tecnica dei restauri era assente, molto spesso non veritiera o carente di informazioni. Negli anni 70/90 nel restauro sono stati impiegati materiali di nuova tecnologia in modo sperimentale, che si sono rivelati non sempre idonei ad un restauro conservativo e a volte sono stati causa stessa di degrado.
Lavori da molti anni in questo campo, che cambiamenti hai notato per esempio a livello di clientela, prezzi e committenze?
Penso che i cambiamenti ci siano stati e non in positivo. Opero da trent’anni nel campo dei restauri monumentali in una realtà di provincia nella ricca Emilia e negli ultimi anni ho notato che la committenza privata è meno disponibile ad investire in restauri. Nonostante ci sia una sempre maggiore informazione sulla figura professionale del restauratore, soprattutto le committenze private hanno difficoltà ad accettare l’equità dei costi. Ne consegue che sul mercato purtroppo ci sono colleghi che tendono ad abbassare i costi adeguandosi alle pretese di scontistica dei committenti, svalutando il valore della professione, situazione che si ripercuote gravemente soprattutto sulla retribuzione dei collaboratori. Per assurdo i prezzi di adesso sono uguali o più bassi di quelli che si applicavamo ad inizio anni 2000. Il problema non è risolvibile perchè tra colleghi restauratori c’è una concorrenza che non dovrebbe esserci e non si riesce a comunicare e a fare un fronte unico.